The spiritual man

Chi è John Tchicai. L'esperienza musicale e di vita di Tchicai è unica: nato nel 1936 in Europa in una rara (allora) famiglia “mista”, inbraccia il sax contralto e si avvicina al jazz già negli anni '50 dopo aver studiato musica classica ad Aarhus e poi a Copenhagen Dopo aver conosciuto gli alfieri del Free Archie Shepp e Bill Dixon a Helsinki, si trasferisce a New York dove aderisce alla Jazz Composers' Guild che organizza i concerti intitolati The October Revolution in Jazz. Crea insieme a Roswell Rudd il gruppo New York Art Quartet e dopo aver collaborato tra gli altri con John Coltrane, Albert Ayler e Carla Bley torna in Danimarca, da dove collabora con la nascente avanguardia europea – Albert Mangelsdorff, Pierre Dørge, Misha Mengelberg, Willem Breuker – guidando anche propri gruppi. Negli anni '80 si avvicina al sax tenore e dal 1991 insegna alla Università californiana di Davis; recentemente è tornato a vivere in Europa, nel Sud della Francia, rinnovando i propri contatti con una nuova generazione di improvvisatori europei che trovano particolarmente affascinante la sua voce libera ma lirica, la sua ricerca di una espressività melodica, e la apparentemente infinita capacità di variare i timbri dei propri strumenti.
Il disco. All’opera un eterogeneo ensemble creato appositamente per il Festival che riunisce alcuni dei migliori freemen della scena italiana (Stefano Maltese, Pasquale Innarella, Luca Bonvini, Tony Cattano, Mario Fragiacomo, Angelo Olivieri, Antonio Borghini, con Gianni Lenoci e Marcello Magliocchi a rappresentare la Puglia) capaci di tenere insieme Swing, Free e tradizione eurocolta in un linguaggio moderno e spregiudicato. La musica di “The spiritual man” nasce dal fuoco della loro interazione, suona vibrante e forte e non teme di contaminarsi con la tradizione (“Ceglie Open City” di Innarella), di inseguire suggestioni etniche (“Last call” di Tchicai) o di avventurarsi nei percorsi impervi della musica aleatoria (Bernoulli strata” di Lenoci). Su tutto si staglia la voce possente, pieni di arabeschi del sassofono tenore di John Tchicai. Per info: http://www.terresommerse.it/
Commenti
Anche per l'humus terragno, grumoso, che irrora Tchicai, questo Cd conferma l'amore di Maltese per il jazz anglosudafricano: l'aria è intrisa di aromi marcati, a tratti quasi incrostata, non esente da una palpabile tribalità, un ritualismo che di quella scuola o di un San Ra (e dello stesso Maltese) sono elementi portanti. Fiati e pianoforte, a iniziare ovviamente da Tchicai e Maltese (spettacolare il loro duetto flautistico in Last Call) sono tutti in bella vista ma è il lavoro collettivo, a tratti obliquo, dinoccolato ma sempre ottimamente controllato a monte, a elevarli, puntellarli, spronarli al meglio (e anche questa è una chiara lezione della scuola di cui sopra). Le cose migliori arrivano in avvio e chiusura, mentre qualche pesantezza segna The Spiritual Man (di Tchicai, come Last Call; di Maltese, Lenoci e Innarella sono gli altri tre brani. Alberto Bazzurro