La regina del supermercato


Ieri sono entrata in un grande supermercato sulla strada verso casa. Obiettivo: croccantini e cibo per gatti. Sono di fretta. Carrellino e avanti veloce . Oltrepasso con noncuranza il reparto libri quando mi viene in mente che a casa non mi è rimasto nulla da leggere. Ho finito le scorte. Bene, comprerò una qualche edizione economica. Faccio retromarcia con il cestino con le ruote, magnifica idea adottata di recente nei centri commerciali, puntando decisa verso lo scaffale libri.
Scatta immediato l’effetto fotografia. Avete presente quelle foto, quelle dei fotografi seri che sanno ruotare lo zoom con maestria, creando quel bell’effetto per cui il soggetto al centro è nitido mentre tutto quello che c’è intorno è sfocato, dando una sensazione di movimento che dirige e concentra lo sguardo unicamente sul centro della foto? Ecco, quando sono davanti a uno scaffale di libri io divento il punto nitido al centro della foto, mentre tutto quello che ho intorno scompare nella nebbia.
Scorro i titoli, prendo in mano volumi, sfoglio e guardo le copertine. Non so decidermi, non sono in grado di scegliere un unico libro. Fino a che è il libro che mi chiama, attira la mia mano senza che io abbia deciso il movimento. Sostiene Pereira. Perché la mia mano lo afferra automaticamente? Perché non l’ho mai letto. Perché era nella lista del mio amico Sartorati. Perché c’è dentro Lisbona, in questi giorni richiamata spesso nei discorsi di persone alle quali voglio bene assai, in partenza per quella città. Perché si. Perché, a differenza di altri titoli per i quali sono a disposizione tante copie, questa di Sostiene Pereira è l’ultima rimasta. La mia.
Quando torno a mettere a fuoco il mondo intorno a me, mi rendo conto che il tempo è passato. Diciamo che se io e la signora Maria fossimo entrate insieme al supermercato, lei avrebbe fatto in tempo a fare la spesa, caricarla in macchina, tornare a casa, accorgersi di aver dimenticato il lievito di birra senza il quale non può preparare il pane con i semi di finocchio che aveva promesso al figlio Davide per la cena di questa sera, risalire in auto, tornare al supermercato, prendere il lievito e riuscire ancora a mettersi in coda alla cassa esattamente prima di me.
Io, intanto, mi dirigo contenta verso una cassa vuota. La cassiera mi butta in faccia un “è chiusa” sul quale avrei molto da ridire. Ammetto di essere fondamentalmente schiavista e snob e di pensare che chi lavora a contatto con il pubblico non dovrebbe mai avere un’espressione di disgusto sul volto, a meno che non sia incinta al terzo mese e non stia per vomitare. Credo nel sorriso del commercio, nel “buongiorno-grazie”. Credo nella buona educazione.
In questi momenti in cui l’irritazione sboccia nel cuore, è consigliato visualizzare immagini gradevoli e rasserenanti. Un bel respiro lungo e il pensiero rivolto a qualche ameno paesaggio di montagna, con il cielo blu, le mucche al pascolo, il ruscello d’acqua fresca e gli uccellini che cinguettano.
Visualizzo.
Visualizzo me stessa afferrare una scatoletta di cibo per gatti e con un lancio preciso centrare la cassiera in mezzo agli occhi. Gli uccellini sono morti a schioppettate e io sento una grande serenità invadere il mio spirito.
La seconda cassiera è molto più simpatica. Ho tutto il tempo di appurarlo per bene perché appena mi metto in coda, la medesima si ferma. Avete mai notato quanto spesso accada di mettersi in fila e scoprire che la cassiera deve spedire i soldi attraverso quel sistema ad aria compressa dei supermercati?Disgraziatamente, proprio in questo momento, la simpatica ragazza ci informa che dobbiamo avere pazienza per un momento perché “il bozzolo si è incastrato nel tunnel”. Non stento a credere che un bozzolo incastrato nel tunnel sia un avvenimento davvero increscioso….per cui non mi resta che appoggiarmi alla transenna che divide le casse e fare la conoscenza del dottor Pereira. A pagina 9 sono già innamorata.
E succede di nuovo che divento l’unico punto a fuoco al centro della foto, mentre d’improvviso sono a Lisbona e tutto intorno a me appare sfocato e scompare.
Mi sento la regina del supermercato.

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